I folli e divertentissimi guai di un’analfabeta sudafricana


Prendete una ragazzina sudafricana che pulisce latrine. Prendete un impiegato svedese ossessionato dal proprio re. Scorrete capitolo dopo capitolo le loro vite assurde, e non potrete che amare L’analfabeta che sapeva contare, secondo romanzo di Jonas Jonasson, autore rivelazione nel 2009 con Il centenario che saltò dalla finestra e scomparve, enorme successo di vendite e già trasposto in film.

La giovane Nombeko abita a Soweto, uno squallido sobborgo di Johannesburg. Analfabeta come tanti, ha però uno straordinario talento matematico, che le permette di giocare coi numeri e le equazioni più complesse a suo piacimento. La sua intelligenza la spinge a sognare un futuro migliore, ma nel suo tentativo di fuga si imbatte continuamente in folli difficoltà. Soprattutto quando si ritrova alle dipendenze di un ingegnere (molto idiota) incaricato di progettare delle armi nucleari.

Dal Sudafrica l’avventura di Nombeko continua in Svezia dove i guai non fanno che peggiorare. La affiancano i due gemelli Holder (un’unica persona agli occhi dello Stato), la pazza ribelle Celestine, tre falsarie cinesi fin troppo sbadate, un disertore americano completamente ammattito, una contessa che coltiva patate e, ultima non per importanza, una delle bombe create in Sudafrica. Un gruppo di personaggi eccentrici e improbabili di cui ci si innamora dal primo momento e che l’autore ci fa vedere crescere e cambiare nell’arco di molti anni.

La storia, fra equivoci e fallimenti, arriva al culmine quando il 10 giugno 2007 vengono coinvolti nelle assurde gesta dei protagonisti il re e il primo ministro svedesi. E fino all’ultimo capitolo non si smette di sorridere e di fare il tifo per i protagonisti, vittime di un mondo sempre ingiusto e imprevedibile.

Una lettura particolare, grazie alla comicità degli eventi, la simpatia dei personaggi e uno stile scorrevolissimo. Un romanzo che non si preoccupa di sembrare realistico, ma prende vita in uno spazio dove tutto è possibile, simile a quello dei cartoni animati.

Eppure la trama (intricatissima) regge, gli eventi sono appassionanti, i personaggi affascinanti, i dialoghi mai banali, La follia pervade ogni scena e il divertimento è assicurato. Tra le righe c’è spazio anche per cenni di storia recente e spunti per riflettere sui tanti problemi che attanagliano la società, altro merito di Jonasson.

Consigliatissimo per gli ultimi giorni sotto l’ombrellone, ma anche per i primi giorni autunnali, quando sarà dura mantenere il buonumore,

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L’ANALFABETA CHE SAPEVA CONTARE 

Titolo originaleAnalfabeten som kunde räkna
Autore:
Jonas Jonasson (1961)
1^ edizione
Svezia 2013
1^ ed. italiana
2013
Genere
Romanzo

L’utilità dell’inutile


ImmagineNuccio Ordine, professore ordinario di letteratura italiana presso l’Università della Calabria, ogni anno pone ai suoi nuovi studenti questa domanda: “Cosa siete venuti a fare qui? Con quale intento?”.

Lo scopo utilitaristico è la risposta che il prof. Ordine si augura di non sentire. Francamente è difficile pensare che qualcuno si iscriva all’università per amore dello studio fine a sé stesso più che per esigenze concrete di professionalizzazione e ricerca del lavoro.

Certo, andare a scuola ha rappresentato per secoli una lotta per il miglioramento e la realizzazione personale, ma oggi quest’idea non esiste più. Eppure il motivo per conseguire un’istruzione dovrebbe essere ancora quello: diventare persone autonome, giuste, migliori. Crescere insomma.

È fondamentale riflettere sull’utilità di quei saperi il cui valore è svincolato da qualsiasi finalità di valore utilitaristico, senza immediata applicazione commerciale. Anche se siamo circondati dalla logica del guadagno, abbiamo bisogno di questa “inutilità”, che in realtà è produttiva per la nostra ricchezza interiore.

ImmagineOrdine ha riflettuto su questo tema per anni, raccogliendo materiale, appuntando su un quadernino citazioni di moltissimi autori e pensieri personali. Dalla rielaborazione di questi appunti è nato L’utilità dell’inutile: manifesto, un prezioso pamphlet di denuncia ricco di recuperi, citazioni, commenti a classici e moderni, pubblicato quest’anno da Bompiani e giunto alla sesta edizione.

Il libro sottolinea la critica situazione in cui ci troviamo: ci stiamo avviando a una distruzione automatica di ciò che non procura profitto, tutto viene trasformato in merce, anche istruzione, salute, arte, scienza e doveri civili. Prima che persone, si viene considerati clienti del sistema commerciale. Lo stesso linguaggio indica il dominio della logica economica, basti pensare al sistema universitario, in cui si parla di “crediti” e “debiti” da accumulare o saldare, e dove la burocrazia spesso soffoca l’insegnamento.

Materie come il Greco e il Latino, che abitano da sempre la nostra cultura, sono considerate una perdita di tempo; spazi come le biblioteche, gli archivi e gli scavi archeologici sono abbandonati a sé stessi. Questa mentalità porta inevitabilmente a un’umanità gretta e degradata nella sua nuova accezione di merce.

Bisogna andare controcorrente, ritagliare degli spazi per la nostra spiritualità, la vita affettiva e i piccoli gesti quotidiani, la cultura e l’arte per non diventare degli schiavi, dei robot. Diamo allora la giusta importanza a ciò che è gratuito e disinteressato, come l’amore o il sapere, l’unica cosa che non possiamo comprare, per cui nessuno può impegnarsi al nostro posto.

Prendiamo esempio da persone come Adriano Olivetti che, pur facendo parte del sistema produttivo, diceva: “Io voglio che la Olivetti non sia solo una fabbrica, ma un modello, uno stile di vita. Voglio che produca libertà e bellezza, perché saranno loro, libertà e bellezza, a dirci come essere felici”.

E pensiamo al potere della grande letteratura, che riesce a dire l’indicibile, a esprimere le sfumature più profonde della nostra natura.

Il discorso di Nuccio Ordine non si limita però al campo delle materie umanistiche, tanto che nel suo pamphlet è inserito un saggio di Abraham Flexner relativo all’ambito scientifico, in cui si evidenzia come le grandi rivoluzioni umane non siano il risultato di calcoli, bensì della curiositas e della casualità. Grandi uomini come Galileo, Copernico e Einstein hanno fatto la storia guidati dalla passione e non dal profitto.

Proviamoci anche noi, a farci guidare dalla passione, senza guardare troppo la meta, come Don Chisciotte.

G.