‘Il sentiero dei nidi di ragno’ – Una piacevole (ri)scoperta


Tutti abbiamo una ferita segreta per riscattare la quale combattiamo.

Per anni ho avuto questo piccolo libro a casa, davanti agli occhi, senza mai sentire la curiosità di aprirlo, forse sottovalutandolo. Oggi mi ritrovo a scoprirlo e ad apprezzarlo moltissimo. Presentando la Resistenza attraverso lo sguardo distorto di un monellaccio, Calvino ci ha regalato una visione quanto mai autentica ed efficace di un Italia ferita e confusa, di un periodo cruciale che non possiamo e non dobbiamo ignorare.
G.

Sulla vita vera


  

“[…] una storia che racconto per il gusto di un po’ di compagnia, e questa è un’altra (e la mia preferita) definizione di letteratura, qualcosa che si racconta per il gusto della compagnia, per comunicare il senso del religioso, del timore-amore reverenziale, sulla vita vera, in un mondo vero che la letteratura (come in questo libro) dovrebbe riflettere.”

  • Jack Kerouac, Satori a Parigi (1985)

Estasi


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E per un istante raggiunsi l’estasi che avevo sempre desiderato conoscere: consisteva nell’entrare di netto nelle ombre eterne superando il tempo cronologico e nell’osservare stupefatto da lontano lo squallore del regno mortale, nella sensazione della morte che mi incalzava spingendomi ad andare avanti, con un fantasma alle spalle che la incalzava a sua volta, e correvo verso un trampolino dal quale si tuffavano gli angeli per lo volare nello spazio sacro del vuoto della non-creazione, nel potente e inconcepibile fulgore che si sprigionava dalla luminosa Essenza della Mente, con gli innumerevoli regni dell’oblio che si aprivano nel magico firmamento del paradiso.

Sulla strada di Jack Kerouac, 1957

Combinazioni


 

Esattamente 143 anni fa nasceva Marcel Proust, ecco un passo del suo capolavoro per ricordarlo.

Siccome le combinazioni diverse che ci uniscono a determinate persone non coincidono col periodo in cui le amiamo, ma sorpassandolo, possono prodursi prima che esso incominci e ripetersi dopo che è finito, così le prime apparizioni che fa nella nostra vita un essere destinato a piacerci più avanti, acquistano retrospettivamente ai nostri occhi il valore di un avvertimento, di un presagio.
Gl’interessi della nostra vita sono così molteplici, che non di rado, in una stessa circostanza, le basi di una felicità che ancora non esiste sono piantati accanto all’aggravarsi di un dispiacere di cui stiamo soffrendo.

Marcel Proust, Dalla parte di Swann (1913)

Imprigionato in una gabbia e in un’idea


2014-05-04 19.07.07-2

Condannato a morte!

Sono cinque settimane che vivo con questo pensiero, sempre solo in sua compagnia, sempre raggelato dalla sua presenza, sempre curvo sotto il suo peso!

In questo modo Victor Hugo ci catapulta bruscamente nei pensieri di un condannato nella prigione parigina di Bicêtre. Un uomo qualunque, senza nome, colpevole di un delitto non specificato. L’ultimo giorno di un condannato non vuole raccontare una storia, ma denunciare la brutalità, l’ingiustizia, l’insensatezza della pena di morte.

Siamo nel 1929, Hugo pubblica questo audace romanzo senza apporre il suo nome. Vuole prima studiare il pubblico, carpirne le reazioni, imprevedibili. Ha seguito il raro esempio di Beccaria, che con il suo Dei delitti e delle pene aveva già denunciato la pena capitale. Hugo lo fa a modo suo, con la forma del romanzo: mette il sentimento umano al centro, non i freddi ragionamenti logici. E riesce nel suo intento, scoccando una freccia che colpisce in pieno le coscienze, dando un importante impulso alla lotta contro la pena di morte, un vero e proprio delitto commesso dalla società. Ma la società non deve e non può uccidere.

5426091891L’autore descrive col suo inconfondibile talento i demoni interiori di un uomo posto di fronte alla consapevolezza di morire – questa è la vera tortura -, utilizzando la prima persona (una tantum per Hugo) ci costringe a identificarci nella situazione. E’ una questione che ci riguarda, ci tocca da vicino. Un monologo straziante che rivela la disperazione, la solitudine, l’attaccamento alla vita. E ancora la sensazione di essere ormai un oggetto, o peggio un defunto ancor prima di aver incontrato la perfida lama della ghigliottina. Le critiche dei contemporanei confermano l’efficacia e la violenza di questo breve testo, privo di inutili sentimentalismi e intriso di scomodo realismo. Il governo, la chiesa, la giustizia e la folla sanciscono e assistono alla morte in piazza come a un piacevole spettacolo, rivelandosi più mostri degli assassini condannati.

E proprio chi si è macchiato le mani di sangue dimostra invece grande umanità: il condannato trema di paura, sogna, spera, ricorda, si rammarica, soffre, immagina. Vuole vivere, ha sbagliato ma vuole vivere, marcirebbe in prigione ma vuole vivere.

Uno stile semplice, moderno, appassionante, capace di indagare lucidamente nel profondo dell’umano. Un libro vecchio quasi due secoli capace di turbare la nostra coscienza, di muovere qualcosa dentro di noi.

In più di cinquanta paesi la pena capitale è tuttora legale, c’è ancora bisogno delle parole di Hugo.

G.

L’ULTIMO GIORNO DI UN CONDANNATO 

Titolo originaleLe dernier jour d’un condamné
Autore
Victor Hugo (1926)
1^ edizione
Francia 1829
1^ ed. italiana
1954
Genere
Romanzo

Il mondo era così recente


centanni-di-solitudine

Molti anni dopo, di fronte al plotone di esecuzione, il colonnello Aureliano Buendía si sarebbe ricordato di quel remoto pomeriggio in cui suo padre lo aveva condotto a conoscere il ghiaccio. Macondo era allora un villaggio di venti case di argilla e di canna selvatica costruito sulla riva di un fiume dalle acque diafane che rovinavano per un letto di pietre levigate, bianche ed enormi come uova preistoriche. Il mondo era così recente, che molte cose erano prive di nome, e per citarle bisognava indicarle col dito.

Cent’anni di solitudine di Gabriel Garcia Márquez, 1967

Il potere dell’arte


b27fae815ad1120b2e0f6a7067001a7d– Non vedi te stesso in ogni quadro che ami? Ti senti inondato di splendore. È una cosa che non si può analizzare o esprimere con chiarezza. Cosa stai facendo in quell’istante? Stai guardando un quadro alla parete. Tutto qui. Ma ti fa sentire vivo, nel mondo. Ti dice sì, tu ci sei. E sì, la tua sfera di esistenza è più ampia e piacevole di quanto immagini.

Cosmopolis di Don DeLillo, 2003

Una straordinaria normalità


Stoner-coverNon capita tutti i giorni di innamorarsi di un personaggio e della sua storia. Siamo continuamente circondati da uomini e donne nati dalla penna di qualcuno, ma solo pochi ci rimangono dentro, e stanno a farci compagnia come amici fedeli.

Ho amato fin dalle prime righe Stoner, protagonista dell’omonimo romanzo di John Williams, pubblicato nel 1965 quasi in sordina e riedito nel 2003, anno in cui è diventato un vero fenomeno letterario con ottime vendite, rese possibili dal passaparola di lettori entusiasti.

Williams descrive con precisione e semplicità la vita di William Stoner, un uomo decisamente comune, dalla nascita alla morte. Un’esistenza che prende il via nel 1891 a Booneville, un paesino di agricoltori nel Missouri. Il lavoro nella fattoria caratterizza la crescita di Bill, privata di particolari interessi o rapporti significativi, in una famiglia legata più dalla necessità della fatica che dall’amore.

Tutto sembra già scritto in una vita tale, ma la svolta arriva con la fine delle superiori, quando il padre propone a William di frequentare il corso di agraria all’università di Columbia, per imparare nuove tecniche di lavorazione dei campi. William è un ragazzo timido, maldestro e chiuso in sé stesso e accoglie la notizia con un misto di indifferenza e paura, ma quasi immediatamente, fatto il suo ingresso tra le mura dell’università, capisce che il suo mondo e la sua vita cambieranno per sempre.

Tra una lezione e l’altra dimentica il mondo agrario e viene completamente rapito dalla bellezza della letteratura, che diventa la sua vocazione e il suo lavoro: Stoner dedica tutta la vita all’insegnamento universitario, in un percorso fatto di alti e bassi, tra soddisfazioni, sfide e frustrazioni logoranti. Una figura estremamente affascinante, un uomo ingenuo ma dotato di grandissima umanità e passione, che col tempo riesce ad esternare agli studenti e soprattutto a sé stesso.

I personaggi che trova sulla sua strada sono altrettanto seducenti, prima fra tutti sua moglie Edith, da cui William rimane folgorato a prima vista. Tra i due si instaura un rapporto tutt’altro che idilliaco, una continua ed estenuante battaglia provocata dall’incapacità di amare di lui e dall’eterna insoddisfazione di lei. Edith è una donna confusa, lacerata tra un’educazione rigida e indolente e un insensato tentativo di emanciparsi e dare un senso al suo ruolo, in bilico tra la moglie e la pseudo – artista.

Si inserisce poi tra i due avversari la figlia Grace, una creatura speciale, legata al padre da un forte vincolo di affetto e intesa, perfidamente ostacolato dalla madre invidiosa. La bambina, che diventa l’oggetto della contesa, soffre di una disperata mancanza di equilibrio, che la porterà a perdere la sua luce.

John Williams, autore del romanzo

John Williams, autore del romanzo

La bontà e la trasparenza del protagonista, la sua pazienza stoica gli remano sempre contro, fino a fargli trovare un altro acerrimo nemico, il professor Lomax, un uomo intelligente quanto testardo che non smetterà di sminuirlo e rendergli la vita un inferno, senza che se ne capiscono mai le vere assurde motivazioni.

Unici sollievi per il povero professore gli amici: Dave, scomparso tra le schiere dell’esercito, e Gordon, sempre disposto a comprendere il suo valore e a proteggerlo. E un amore inaspettato, che gli rivelerà la più intima essenza della felicità.

“Stoner”, insomma, è una storia semplice e  piatta, una vita monotona che si sviluppa nel tempo, lentamente, senza spostamenti e veri colpi di scena, ma ciò che rende amabile questo romanzo è lo stile, che definirei perfetto: semplice, lineare e scorrevole ma allo stesso tempo ricco, elegante e intriso di verità profonde. Tra una frase e l’altra Williams riesce ad inserire piccoli dettagli che sconvolgono il senso delle azioni e danno loro un’incredibile profondità. Un libro dove i silenzi costanti contano più delle parole, un libro che emoziona, commuove. La sofferenza di Stoner diventa la nostra, le sue piccole vittorie riescono ad allietarci.

È l’animo umano che emerge tra le righe, con tutti i suoi salti, le grettezze, le contraddizioni e la meraviglia, in un ambiente affascinante: il mondo quasi surreale dell’università, un perfetto rifugio per i deboli e i sognatori, proprio come Stoner, che riesce a cogliere la bellezza in una giovane e timida Edith, nello sguardo di sua figlia intenta a disegnare, in un’opera letteraria, nell’entusiasmo degli studenti, in una calda giornata di sole.

Sullo sfondo rimangono il mondo esterno e la Storia: le guerre mondiali risuonano come un eco lontano ma allo stesso tempo sconvolgente, capace di logorare anche chi non vi partecipa direttamente; e le domande esistenziali emergono con prepotenza, pur in una vita così raccolta e monocorde.

La forza e il segreto di questo gioiello letterario stanno in un particolare fondamentale: l’autore ha sicuramente amato la sua creazione di carta e inchiostro, e questo amore traspare da ogni parola e permette a noi lettori di amarlo altrettanto.

G.

STONER

Titolo originale: Stoner
Autore:
John Williams (1922 – 1994)
1^ edizione
USA 1965
1^ ed. italiana:
2012
Genere
Romanzo