Jusqu’ici tout va bien


“C’est l’histoire d’un homme qui tombe d’un immeuble de cinquante étages. Le mec, au fur et à mesure de sa chute il se répète sans cesse pour se rassurer : jusqu’ici tout va bien, jusqu’ici tout va bien, jusqu’ici tout va bien.

Mais l’important n’est pas la chute, c’est l’atterrissage.”

La Haine di Mathieu Kassovitz, 1995

Un omaggio senza veli al cinema e alla crudeltà


Stringi stringi, siamo tutti sciacalli che si cibano l’uno dell’altro.

  
Era il 2011 e per caso acquistai Fight club in una libreria.

Non avevo visto il film, non sapevo di che parlasse, ero ignaro di tutto. Bastò qualche ora per finirlo d’un fiato, e per innamorarmi dello stile di Chuck Palahniuk.

Mi ripromisi allora di leggere tutti i suoi libri. Sono passati quattro anni e finalmente mi sono deciso ad iniziare questa piccola impresa.

Anche questa volta mi sono fatto guidare dalla casualità, senza informarmi. In biblioteca ho cercato Palahniuk e tra alcuni romanzi ho preso Senza veli, pubblicato nel 2010.

La storia si svolge nella Hollywood dei Tempi d’oro (quelli di Bette Davis e Joan Crawford) e mostra il tramonto della diva Katherine Kenton e il suo innamoramento per il giovane senza scrupoli Webster Carlton Westward III attraverso la voce di Hazie Coogan, domestica e amica della Kenton.

La prima particolarità del romanzo sta nella tecnica narrativa: la narratrice Hazie presenta le scene come in una sceneggiatura cinematografica (chiaro riferimento al mondo hollywoodiano), descrivendo l’apertura, l’ambientazione, le zoommate, i suoni, i fuoricampo.

Gli stessi capitoli sono suddivisi in atti e scene, come in una vera sceneggiatura.

A tratti questa trovata può risultare pesante, nociva a una lettura disinvolta, ma nel complesso è interessante.

Un’altra caratteristica originale – ma decisamente pesante – è la fitta sequela di nomi noti della vecchia Hollywood (e non solo) che farcisce tutto il romanzo. Un omaggio a una scintillante epoca del passato che però contribuisce a rallentare il ritmo narrativo e infastidisce a livello grafico. Infatti tutti i nomi propri – ma proprio tutti – sono stampati in grassetto.

  
Parlando di trama, la storia risulta abbastanza avvincente e i personaggi interessanti, a partire dalla misteriosa narratrice Hazie, della quale è facile intuire l’inquietante cumulo di frustrazioni, rancori, manie e desiderio di rivalsa. 

Allo stesso modo è affascinante la sua controparte Katherine, archetipo della diva che va incontro malvolentieri alla vecchiaia e al declino, e soffoca i dispiaceri inseguendo amori fasulli e giovanili (il personaggio ricorda molto la Norma Desmond del film Viale del tramonto).

L’intreccio gira intorno alla scoperta di una biografia senza veli che Webster sta scrivendo sull’amante Katherine. Una biografia che comprende già il drammatico finale…

Ne emerge uno sfaccettato ritratto del mondo del cinema, della fama, del potere e dei rapporti umani. Un mondo dove vige la regola dell’homo homini lupus, raccontato dall’autore con una forte carica satirica e situazioni paradossali.

Nel complesso un romanzo piacevole, che si fa leggere e desta alcune riflessioni, ma di certo un po’ debole e non all’altezza del miglior Palahniuk.
G.


SENZA VELI

Titolo originale: Tell all

Autore: Chuck Palahniuk 

1^ edizione: 2010

Genere: romanzo 

Voto: 6/10


Prigione


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Non si sa sempre riconoscere che cosa è che ti rinchiude, che ti mura vivo, che sembra sotterrarti, eppure si sentono non so quali sbarre, quali muri. Tutto ciò è fantasia, immaginazione? Non credo, e poi uno si chiede “Mio Dio, durerà molto, durerà sempre, durerà per l’eternità?”. Sai tu ciò che fa sparire questa prigione? È un affetto profondo, serio. Essere amici, essere fratelli, amare spalanca la prigione per potere sovrano, per grazia potente. Ma chi non riesce ad avere q,uesto rimane chiuso nella morte. Ma dove rinasce la simpatia, lì rinasce anche la vita.

Lettere a Theo di Vincent Van Gogh

In me tu vedi quel periodo dell’anno


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In me tu vedi quel periodo dell’anno

Quando nessuna o poche foglie gialle ancor resistono

su quei rami che fremon contro il freddo,

nudi archi in rovina ove briosi cantarono gli uccelli.

In me tu vedi il crepuscolo di un giorno

che dopo il tramonto svanisce all’occidente

e a poco a poco viene inghiottito dalla notte buia,

ombra di quella vita che tutto confina in pace.

In me tu vedi lo svigorire di quel fuoco

che si estingue fra le ceneri della sua gioventù

come in un letto di morte su cui dovrà spirare,

consunto da ciò che fu il suo nutrimento.

Questo in me tu vedi, perciò il tuo amore si accresce

per farti meglio amare chi dovrai lasciare fra breve.

Sonetto 73 di William Shakespeare,

Riflessioni notturne


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Per molto tempo, mi sono coricato presto la sera. A volte, appena spenta la candela, gli occhi mi si chiudevano così in fretta che nemmeno avevo il tempo di dire a me stesso: «M’addormento». E, una mezz’ora più tardi, il pensiero che era tempo di cercar sonno mi ridestava; volevo posare il libro che credevo di avere ancora fra le mani, e soffiare sul lume; non avevo smesso, dormendo, di ragionare su ciò che avevo appena letto, ma quelle riflessioni avevano preso una piega un po’ particolare; mi sembrava d’essere io stesso l’oggetto di cui il libro si occupava: una chiesa, un quartetto, la rivalità fra Francesco I e Carlo V.

Dalla parte di Swann di Marcel Proust, 1913

Gli insegnamenti del sognatore


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Il mondo piange la morte di Nelson Mandela (1918 – 2013), detto Madiba dal suo popolo. Un vero eroe nella lotta contro l’apartheid e la ricerca della pace, un modello riconosciuto dal mondo. Certo pensare a figure come Mandela fa sentire un po’ più orgogliosi di appartenere al genere umano.

Non c’è nulla da aggiungere al rammarico per questa perdita. Voglio ricordare questo grande uomo attraverso le sue celebri parole, che hanno ancora molto da insegnare a tutti noi.

Un vincitore è semplicemente un sognatore che non si è mai arreso.

L’educazione è il grande motore dello sviluppo personale. È grazie all’educazione che la figlia di un contadino può diventare medico, il figlio di un minatore il capo miniera o un bambino nato in una famiglia povera il presidente di una grande nazione. Non ciò che ci viene dato, ma la capacità di valorizzare al meglio ciò che abbiamo è ciò che distingue una persona dall’altra.

La pace non è un sogno: può diventare realtà; ma per custodirla bisogna essere capaci di sognare.

nelson-mandela-1960Nessuno è nato per odiare un’altra persona a causa del colore della sua pelle, o il suo passato o la sua religione. La gente deve imparare a odiare, e se si può imparare ad odiare, si può insegnare ad amare, perché l’amore è più naturale per il cuore umano che il suo contrario.

Nessuno è nato schiavo, né signore, né per vivere in miseria, ma tutti siamo nati per essere fratelli.

L’utilità dell’inutile


ImmagineNuccio Ordine, professore ordinario di letteratura italiana presso l’Università della Calabria, ogni anno pone ai suoi nuovi studenti questa domanda: “Cosa siete venuti a fare qui? Con quale intento?”.

Lo scopo utilitaristico è la risposta che il prof. Ordine si augura di non sentire. Francamente è difficile pensare che qualcuno si iscriva all’università per amore dello studio fine a sé stesso più che per esigenze concrete di professionalizzazione e ricerca del lavoro.

Certo, andare a scuola ha rappresentato per secoli una lotta per il miglioramento e la realizzazione personale, ma oggi quest’idea non esiste più. Eppure il motivo per conseguire un’istruzione dovrebbe essere ancora quello: diventare persone autonome, giuste, migliori. Crescere insomma.

È fondamentale riflettere sull’utilità di quei saperi il cui valore è svincolato da qualsiasi finalità di valore utilitaristico, senza immediata applicazione commerciale. Anche se siamo circondati dalla logica del guadagno, abbiamo bisogno di questa “inutilità”, che in realtà è produttiva per la nostra ricchezza interiore.

ImmagineOrdine ha riflettuto su questo tema per anni, raccogliendo materiale, appuntando su un quadernino citazioni di moltissimi autori e pensieri personali. Dalla rielaborazione di questi appunti è nato L’utilità dell’inutile: manifesto, un prezioso pamphlet di denuncia ricco di recuperi, citazioni, commenti a classici e moderni, pubblicato quest’anno da Bompiani e giunto alla sesta edizione.

Il libro sottolinea la critica situazione in cui ci troviamo: ci stiamo avviando a una distruzione automatica di ciò che non procura profitto, tutto viene trasformato in merce, anche istruzione, salute, arte, scienza e doveri civili. Prima che persone, si viene considerati clienti del sistema commerciale. Lo stesso linguaggio indica il dominio della logica economica, basti pensare al sistema universitario, in cui si parla di “crediti” e “debiti” da accumulare o saldare, e dove la burocrazia spesso soffoca l’insegnamento.

Materie come il Greco e il Latino, che abitano da sempre la nostra cultura, sono considerate una perdita di tempo; spazi come le biblioteche, gli archivi e gli scavi archeologici sono abbandonati a sé stessi. Questa mentalità porta inevitabilmente a un’umanità gretta e degradata nella sua nuova accezione di merce.

Bisogna andare controcorrente, ritagliare degli spazi per la nostra spiritualità, la vita affettiva e i piccoli gesti quotidiani, la cultura e l’arte per non diventare degli schiavi, dei robot. Diamo allora la giusta importanza a ciò che è gratuito e disinteressato, come l’amore o il sapere, l’unica cosa che non possiamo comprare, per cui nessuno può impegnarsi al nostro posto.

Prendiamo esempio da persone come Adriano Olivetti che, pur facendo parte del sistema produttivo, diceva: “Io voglio che la Olivetti non sia solo una fabbrica, ma un modello, uno stile di vita. Voglio che produca libertà e bellezza, perché saranno loro, libertà e bellezza, a dirci come essere felici”.

E pensiamo al potere della grande letteratura, che riesce a dire l’indicibile, a esprimere le sfumature più profonde della nostra natura.

Il discorso di Nuccio Ordine non si limita però al campo delle materie umanistiche, tanto che nel suo pamphlet è inserito un saggio di Abraham Flexner relativo all’ambito scientifico, in cui si evidenzia come le grandi rivoluzioni umane non siano il risultato di calcoli, bensì della curiositas e della casualità. Grandi uomini come Galileo, Copernico e Einstein hanno fatto la storia guidati dalla passione e non dal profitto.

Proviamoci anche noi, a farci guidare dalla passione, senza guardare troppo la meta, come Don Chisciotte.

G.