Los Decentes [recensione]


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Iride Mockert (Belén)

Cosa si cela all’interno delle gated communities alla periferia di Buenos Aires? Lo scopriamo insieme alla stralunata Belén, che viene assunta come donna delle pulizie presso una di queste famiglie di ricconi isolati in un paradiso artificiale. Parliamo di Los Decentes, secondo lungometraggio di Lukas Valenta Rinner, dopo Parabellum dello scorso anno.

Il lavoro del regista su questa tematica parte da una base strettamente documentaristica, dall’osservazione diretta di questa realtà inquietante: parchi residenziali recintati in cui esistono solo ville di persone facoltose, impegnate tra il tennis e i cupcakes, totalmente ignare del mondo esterno. Un fondo coreano ha poi chiesto a Valenta Rinner di girare in soli sei mesi un film che mostrasse questo mondo; il regista ha accettato la sfida, e l’ha vinta.

Questo problema è presente in gran parte del globo, ma particolarmente accentuato si presenta in Argentina, dove il divario tra ricchi e poveri cresce in modo spaventoso – e se ne parla pochissimo, anche al cinema. E si parla poco, o per nulla, di chi lavora all’interno di questa realtà immacolata quanto deviata: persone sfruttate, sottoposte a controlli e perquisizioni, viste con sospetto e sdegno in quanto vengono dall’esterno, dove la gente muore di fame.

Ma tra i prati perfettamente in ordine e le ville con piscina, Belén si scontra con un’ulteriore realtà, rappresentata da una comunità di nudisti upper-class, impegnati tra sesso tantrico e meditazione, chiaramente mal sopportati dai borghesi che gli abitano accanto.  La donna entra a far parte di questo gruppo, dove sviluppa una seconda vita, che la libera dalla frustrazione e la porta alla scoperta di sé, alimentando la sua insofferenza verso i datori di lavoro, rappresentati da una donna di mezz’età tristemente vuota e da suo figlio, un giovane viziato e piagnucoloso ossessionato dallo sport.

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Il primo vanto di questo film è la protagonista, interpretata magnificamente da Iride Mockert, che veste i panni di una donna in (quasi) perenne silenzio, ma riesce a comunicare tutto con il solo sguardo spiritato, i gesti, l’andatura. Belén è una figura buffa e inquieta, quanto mai affascinante, emblema dell’insofferenza e del desiderio di rivendicazione. Diana e Juanchi, i ridicoli abitanti della villa in cui lavora, sono al centro della satira e dei siparietti comici della pellicola, che diverte e fa riflettere insieme.

Il resto dei figuranti, fatta eccezione per il goffo vigilante che fa la corte a Belén, è composto da corpi nudi, che esibiscono con orgoglio le proprie forme, i propri difetti, in una riappropriazione della spinta erotica e tribale. Il modello estetico è quello della pittura classica, come testimonia una buffissima citazione della Venere di Botticelli, che richiama la tradizione dei tableaux vivants.

L’ambiente viene descritto con estremo rigore compositivo attraverso ampie panoramiche ed inquadrature fisse e distanti, che denunciano una lacerante immobilità. Spazi aperti e verdi che sembrano prigioni e recludono allo stesso modo le due  comunità, entrambe incapaci di uscire dal proprio micro-mondo e di confrontarsi con l’esterno. Tutto questo viene comunicato da uno sguardo che rimane perlopiù oggettivo, non giudicante in maniera esplicita.

L’atmosfera sospesa e surreale viene spezzata da un finale raggelante, volutamente esasperato, che serve a sfogare tutta la tensione silenziosa accumulata durante il film e porta alle estreme conseguenze lo scontro ideologico tra i due fronti. Per questo epilogo il regista ha ammesso di essersi ispirato a If… di Lindsay Anderson, proposto al TFF 2016 tra i Cinque pezzi facili scelti dal guest director Gabriele Salvatores.

Los Decentes è un’opera  che diverte, spiazza e scava dentro.

G.

Slam – Tutto per una ragazza [recensione]


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Jasmine Trica e Ludovico Tersigni

Cosa esce fuori se si prende un romanzo di Nick Hornby e lo si trasforma in un film italiano?

È la sfida che si è posto Andrea Molaioli, e il risultato è Slam – Tutto per una ragazza, presentato in anteprima allo scorso Torino Film Festival 2016, nella sezione Festa Mobile.

Alla prima erano presenti il regista e il cast principale: i giovanissimi Ludovico Tersigni e Barbara Ramella, e Jasmine Trinca, madrina del festival.

La trama del film rimane piuttosto fedele al romanzo di Hornby: Sam, un teenager che vive per lo skateboard, vuole evitare a tutti i costi l’errore che hanno fatto in gioventù sua madre e sua nonna, ma i suoi piani vanno in frantumi quando incontra la bella Alice, che sconvolge la sua vita e i suoi sogni per il futuro. Unica principale differenza: non siamo a Londra, bensì a Roma.

Il regista Andrea Molaioli, noto per Il gioiellino e La ragazza del lago, ha voluto coniugare il suo amore per le pubblicazioni di Hornby con il desiderio di raccontare la giovinezza nella capitale italiana, la sua città.

Diverse le note positive del film, a partire dai due protagonisti, che si allontanano dallo stereotipo cinematografico dell’adolescente: sono due ragazzi credibili, privi di un esasperato senso di ribellione o di particolari qualità; affrontano la vita giorno per giorno, dimostrandosi spesso e volentieri più maturi dei genitori. Il loro amore non è smisurato né idillico: si avvicinano e allontanano in modo del tutto realistico tra i problemi della quotidianità, senza eccessi di pathos e romanticismo.

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Ludovico Tersigni (Sam) e Barbara Ramella (Alice)

Il ruolo della madre è affidato a Jasmine Trinca, che impersona una figura dolce e comprensiva, pronta a sostenere il figlio in ogni momento, sorridente e complice. Una novità per l’attrice, spesso impegnata in ruoli drammatici, ma altrettanto convincente in questa interpretazione.

Da menzionare la partecipazione di Luca Marinelli nei panni del giovane e scapestrato papà di Sam, che regala alla pellicola diversi momenti di comicità e serve a far emergere per contrasto il senso di responsabilità del ragazzo. Mentre il padre vede come vantaggio del “maschio” quello di poter scappare dalle situazioni scomode, il figlio si dimostra diverso, pronto a sacrificare la sua libertà di fronte alle complicazioni.

Molaioli, come Hornby, decide di spezzare la linearità narrativa con alcuni “viaggi nel futuro”, che vivacizzano il racconto ed evidenziano il passaggio traumatico e inconsapevole dall’adolescenza all’età adulta, un passaggio che può essere comunque affrontato guardando agli aspetti positivi, senza lasciarsi trascinare dallo sconforto.

Pur essendo ambientato in Italia, il film mantiene l’universo presentato dal romanzo: la cultura underground degli skaters. L’attore Ludovico Tersigni, infatti, si è prestato a duri allenamenti per imparare a fare i trick ed è stato a contatto con molti skaters per calarsi meglio nel ruolo. Inoltre, la produzione ha riqualificato lo skatepark dove sono sono state effettuate le riprese, anche per sostenere i giovani romani che passano il tempo a fare acrobazie con le loro tavole.

E come non accennare alla voce fuori campo di Tony Hawk, che legge passi della sua autobiografia Tony Hawk (TH): Occupation: Skaterboarder, fungendo da commento e accompagnando la crescita di Sam, che spesso e volentieri si confida con il poster del suo beniamino.

Il film, commedia divertente e delicata, è un inno alla gioventù e alla sua capacità di affrontare la vita in modo speciale. Già apprezzato e applaudito alla prima dal pubblico torinese, è uscito nelle sale italiane il 23 marzo 2017.

G.

Ti lascio la poesia


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Ti lascio la poesia. Ti lascio le stagioni, soprattutto la primavera e l’estate. Ti lascio il vento, il sole, ti lascio il mare, il mare che è buono ed anche la terra è buona, le montagne, i torrenti, i fiumi e le grandi nuvole che passano solenni e leggere. Tu le guarderai e forse ti ricorderai di questa nostra breve amicizia. E ti lascio gli alberi e i angeli abitanti. L’amore, le lacrime,la gioia, le stelle. Encolpio, ti lascio i suoni i canti, i rumori, la voce degli uomini e la musica più armoniosa. Ti lascio.

Fellini Satyricon di Federico Fellini, 1969

Un’altra prospettiva (Ciao Robin)


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“Sono salito sulla cattedra per ricordare a me stesso che dobbiamo sempre guardare le cose da angolazioni diverse. E il mondo appare diverso da quassù. Non vi ho convinti? Venite a vedere voi stessi. Coraggio! È proprio quando credete di sapere qualcosa che dovete guardarla da un’altra prospettiva. Anche se può sembrarvi sciocco o assurdo, ci dovete provare. Ecco, quando leggete, non considerate soltanto l’autore. Considerate quello che voi pensate. Figlioli, dovete combattere per trovare la vostra voce. Più tardi cominciate a farlo, più grosso è il rischio di non trovarla affatto. Thoreau dice “molti uomini hanno vita di quieta disperazione”[10], non vi rassegnate a questo. Ribellatevi! Non affogatevi nella pigrizia mentale, guardatevi intorno!”

L’attimo fuggente di Peter Weir, 1989

Ciao Robin Williams, grande attore e grande uomo (21 luglio 1951 – 11 agosto 2014)

Credo


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Buonanotte… qui è Radio Raptus… e io sono Benassi… Ivan. Forse lì c’è qualcuno che non dorme, be’ comunque che ci siate oppure no, io c’ho una cosa da dire. Oggi ho avuto una discussione con un mio amico; lui… lui è uno di quelli bravi, bravi a credere a quello in cui gli dicono di credere. Lui dice che se uno non crede in certe cose non crede in niente. Be’ non è vero… anch’io credo…Credo nelle rovesciate di Bonimba, e nei riff di Keith Richards.
Credo al doppio suono di campanello del padrone di casa che vuole l’affitto ogni primo del mese.
Credo che ognuno di noi si meriterebbe di avere una madre e un padre che siano decenti con lui almeno finché non si sta in piedi.
Credo che un’Inter come quella di Corso, Mazzola e Suarez non ci sarà mai più, ma non è detto che non ce ne saranno altre belle in maniera diversa.
Credo che non sia tutto qua, però prima di credere in qualcos’altro bisogna fare i conti con quello che c’è qua, e allora mi sa che crederò prima o poi in qualche Dio.
Credo che se mai avrò una famiglia sarà dura tirare avanti con trecento mila al mese, però credo anche che se non leccherò culi come fa il mio caporeparto difficilmente cambieranno le cose.
Credo che c’ho un buco grosso dentro, ma anche che il rock n’ roll, qualche amichetta, il calcio, qualche soddisfazione sul lavoro, le stronzate con gli amici ogni tanto questo buco me lo riempiono.
Credo che la voglia di scappare da un paese con ventimila abitanti vuol dire che hai voglia di scappare da te stesso, e credo che da te non ci scappi neanche se sei Eddy Merckx.
Credo che non è giusto giudicare la vita degli altri, perché comunque non puoi sapere proprio un cazzo della vita degli altri. Credo che per credere, certi momenti ti serve molta energia. Ecco, allora vedete un po’ di ricaricare le vostre scorte con questo…

Radiofreccia di Luciano Ligabue, 1998

Indubbiamente erano anni felici


Anni-felici-il-nuovo-film-di-Daniele-Luchetti-Il-trailer_h_partb (1)Davvero sui generis la famiglia romana del 1974 ritratta da Luchetti nel suo ultimo lavoro Anni felici, uscito nel 2013, dallo scarso rendimento al box office. Kim Rossi Stuart dà il volto all’uomo di casa, Guido, un aspirante artista d’avanguardia alla ricerca del successo, amante della libertà e delle scappatelle, facile bersaglio degli attacchi della critica e soprattutto della madre. La bella Micaela Ramazzotti invece è mamma Serena, una moglie premurosa e devota, ma mai all’altezza intellettuale del creativo Guido, che le sfugge continuamente. La coppia, appassionata ma poco funzionale, è tenuta insieme dai due piccoli di casa: Paolo e Dario, narratore della storia, attraverso il suo sguardo di bambino, spesso filtrato da una cinepresa. Evidente l’operazione autobiografica del regista, che rappresentandosi sotto le vesti del giovane Dario descrive la propria famiglia in base ai ricordi e alle sensazioni, tenendo presente il contesto storico-sociale degli anni ‘70, che influenza irrimediabilmente le azioni e i pensieri dei protagonisti.

Struggente il rapporto di Guido e Serena che si cercano, si attraggono come calamite, ma non riescono ad amarsi completamente, finché lui diventa sempre più irrequieto, lei cerca l’emancipazione: le distanze non possono che aumentare, di fronte allo sguardo sofferente dei figli, confusi dai continui alti e bassi che scuotono il rapporto dei genitori. Guido non molla l’impresa di dimostrare la sua originale vena artistica, Serena riscopre sé stessa, il femminismo, e un tipo di amore completamente diverso, che la porterà a rimescolare le carte della sua relazione e della sua vita.

I vari allontanamenti però non riescono mai a disintegrare del tutto l’amore, l’intesa, il continuo cercarsi e lasciano spazio alla serenità, al piacere del singolo momento.

“Anni felici” è un film davvero piacevole, che colpisce, oltre per l’ottima interpretazione di Rossi Stuart e Ramazzotti, per il realismo, le grettezze, le mancanze che compongono il ritratto familiare, nelle quali si può comunque ritrovare la bellezza della vita. Come suggerisce il narratore:

“Indubbiamente erano anni felici. Peccato che nessuno di noi se ne fosse accorto”.

Ed è proprio così. Ci aspettiamo che sia sempre tutto perfetto, non ci accorgiamo di quanto si possa essere felici anche in una quotidianità instabile e carente. Come Guido, Serena, Dario e Paolo, che sanno amarsi, divertirsi, prendersi in giro e confrontarsi per crescere, liberi dagli schemi della società.

G.

locandinaANNI FELICI

RegiaDaniele Luchetti
Cast
Kim Rossi Stuart, Micaela Ramazzotti, Martina Gedeck, Samuel Garofalo, Niccolò Calvagna, Benedetta Buccellato, Pia Engleberth
Produzione:
Francia, Italia 2013
Genere
Drammatico
Durata
100 min

 

La realtà da sogno di un sognatore


The-Secret-Life-of-Walter-Mitty1Walter Mitty è un editor fotografico della rivista Life, rilegato in uno scantinato, invisibile e maldestro. Uno sfigato, fondamentalmente, di quelli che ci piacciono tanto. Soffocato da una realtà caotica che non può dominare, si abbandona a scoppiettanti visioni che allietano la sua mente, ma non cambiano nulla nella sua vita insoddisfacente. Un malinconico sognatore che per sfuggire alla monotonia usa lo strumento della fantasia per rendersi l’affascinante protagonista di scene d’azione, scambi amorosi e discorsi brillanti.

Nessuno però subisce il suo fascino: i colleghi lo deridono, il suo profilo su un sito di incontri è deserto, la donna che lo attrae non si accorge di lui.

L’aria di cambiamento arriva dall’esterno: la rivista si appresta a stampare l’ultimo numero cartaceo con conseguente riduzione del personale, e il fotografo Sean O’Connell invia a Walter l’ultimo rullino per Life, che contiene la foto perfetta per l’ultima copertina, il negativo 25.

Proprio il negativo 25 manca all’appello, il licenziamento è tangibile e il richiamo all’avventura è inevitabile: Walter può finalmente rispolverare le sue ambizioni di ragazzino, abbandonate per necessità, e iniziare a vivere davvero le imprese immaginate, cercando Sean.

Un viaggio in terre esotiche che è scoperta di sé, delle proprie capacità che vanno oltre alla mera immaginazione. Una riconciliazione con un passato pieno di speranze infrante dai turni a servire nei fast food e sedici anni di appassionato lavoro mai abbastanza valorizzato. E così i sogni, le visioni, gli approcci virtuali lasciano spazio all’esperienza vissuta, l’unica in grado di conferire alla vita la giusta dose di piacere e gratificazione.

Molto più intricata della trama è la storia di questa pellicola, remake di Sogni proibiti del 1947, passata dal 1994 tra diverse major, da un regista all’altro, da un attore all’altro, senza trovare un serena realizzazione fino ad ora.

Infine é un Ben Stiller visibilmente maturato a dirigere, co-produrre e interpretare questa piacevolissima commedia, capace di regalare emozioni con meravigliose inquadrature panoramiche in Groenlandia, Islanda e Afghanistan, accompagnate da una colonna sonora vivace e toccante. Il tutto fa da sfondo al protagonista indiscusso, che esprime piuttosto bene la sua interiorità con la mimica facciale e i movimenti, attraversando il disagio, la timidezza, la speranza e il coraggio, pur mantenendo la sua tipica vena comica.

Anche i personaggi che circondano le disavventure di Walter sono dotati di un certo spessore, come la controparte femminile Cheryl, non la solita belloccia da salvare ma una donna semplice, madre e lavoratrice con i piedi per terra, pronta a dare il giusto appoggio; e il misterioso fotografo Sean, che ha capito come godersi gli attimi fugaci ed è pronto ad insegnarlo. Più debole e stereotipato il “cattivo”, un capo senza scrupoli facilmente dimenticabile.

Fatta eccezione per il doppiaggio in italiano, che spesso rende i dialoghi poco fluidi e comprensibili, si ha l’impressione di un risultato abbastanza vincente, che lascia appagato lo spettatore senza troppe pretese e senza troppe rinunce.

I sogni segreti di Walter Mitty è un film che ci invita a continuare a sognare, ma anche a mettere in pratica i nostri sogni.

G.

Walter (Ben Stiller) e Sean (Sean Penn) in una scena del film

Walter (Ben Stiller) e Sean (Sean Penn) in una scena del film

I SOGNI SEGRETI DI WALTER MITTY

RegiaBen Stiller
Cast
Ben Stiller, Kristen Wiig, Adam Scott, Sean Penn, Shirley McLaine, Kathryn Hahn, Jonathan C. Daly
Produzione
USA 2013
Genere
Commedia/ Avventura/ Drammatico
Durata
114 min

La stoffa del perdente


????????????????????“Il mondo si divide in due categorie: i vincenti e i perdenti”. È intorno a questa netta dicotomia che si snoda il pluripremiato film “Little Miss Sunshine” di Jonathan Dayton e Valerie Faris.

La pellicola scaraventa lo spettatore nel Nuovo Messico, in mezzo a una famiglia particolare e visibilmente frammentata: sulle spalle di Sheryl (Toni Collette), una madre forte ma stanca, si appoggiano un marito fallito che si crede un vincente, un suocero eroinomane senza peli sulla lingua, un figlio adolescente che ha scelto di non parlare più e una figlioletta goffa fissata con i concorsi di bellezza. Tutti sono dei perfetti perdenti ma sembrano far finta di nulla, spinti dai loro sproporzionati obiettivi.

Chi non nasconde le sue debolezze è lo zio Frank (Steve Carell), un intellettuale ferito che dopo un fallito suicidio allarga la famiglia della sorella Sheryl come nuovo membro. L’equilibrio familiare è troppo labile per durare a lungo, ma proprio le ambizioni della piccola Olive fanno da collante: la partecipazione al concorso “Piccola Miss California” si trasforma in un viaggio improbabile a cui tutti partecipano, a bordo di un pittoresco pulmino Volkswagen T2 che cade a pezzi.

Il difficile viaggio insieme diventa l’occasione perfetta per confrontarsi e far cadere il muro di fragili convinzioni che ogni personaggio si è costruito addosso, per riscoprire l’autenticità e il desiderato supporto degli altri componenti. Una divertente avventura on the road per lo spettatore e un duro percorso di formazione per i componenti della famiglia Hoover, che vedono dissolversi i propri sogni. Il climax crescente di difficoltà è il mezzo indispensabile per riconoscere fino in fondo il proprio status di perdenti e soprattutto accettarlo. Solo l’accettazione infatti rende possibile una rinnovata libertà, il piacere di essere se stessi con pregi e difetti annessi.

La scena finale sintetizza alla perfezione la liberazione dei protagonisti, consapevoli dell’inutilità di stare alle regole e alle etichette. Scoprono allora la bellezza di esternare la loro originale personalità e la necessità di fare ciò che amano. Imparano ad essere perdenti felici, insomma.

“Little Miss Sunshine” è una commedia leggera e piacevole che riesce con efficacia a commuovere e a far riflettere sui piccoli valori autentici della vita.

G.

Richard (Greg Kinnear), Frank (Steve Carell), Dwayne (Paul Dano), Sheryl (Toni Collette) e la piccola Olive (Abigail Breslin) in una scena del film

Richard (Greg Kinnear), Frank (Steve Carell), Dwayne (Paul Dano), Sheryl (Toni Collette) e la piccola Olive (Abigail Breslin) in una scena del film

LITTLE MISS SUNSHINE

Regia: Jonathan Dayton, Valerie Faris
Cast:
Greg Kinnear, Toni Collette, Steve Carell, Alan Arkin, Abigail Breslin, Paul Dano, Brian Cranston
Produzione:
USA 2006
Genere:
Commedia/Drammatico
Durata:
101 min