Il calore stretto di un sole sulla mia schiena


“C’era un cafè, sulla quindicesima, dove andavo spesso.

Il decaffeinato non era particolarmente buono, i biscotti non erano particolarmente degni di nota, non ho ricordi precisi degli avventori, né delle persone che ci lavoravano.

Ma allora perché ci tornavo?

Credo che fosse perché esattamente dall’altra parte della strada c’era un vicolo, un vicolo stretto tra due palazzi.

Un vicolo in cui il sole d’inverno riusciva, scendendo, a infilarsi in maniera estremamente prepotente, e a raggiungere la mia schiena.

Credo che fosse solo per questo.

Per il calore stretto di un sole sulla mia schiena.

La mia prima lettura del 2017 è Il suono del mondo a memoria, graphic novel di Giacomo Bevilacqua che ritrae la singolare sfida di un fotografo tra i grattacieli di New York e le note di una vecchia canzone jazz.

Piacevole e accattivante lo stile di disegno, in particolare nella rappresentazione del paesaggio urbano; molto efficaci i colori, che richiamano le sfumature del tramonto e le sensazioni della malinconia.

La storia è semplice, minimale, ma valorizzata da un vario e potente montaggio delle tavole e dalla bellezza dei monologhi delle due voci narranti, ricchi di poesia e suggestione.

Molto consigliato agli introspettivi e ai romantici, a chi ama la solitudine ma aspira segretamente alla condivisione.

G.

La realtà da sogno di un sognatore


The-Secret-Life-of-Walter-Mitty1Walter Mitty è un editor fotografico della rivista Life, rilegato in uno scantinato, invisibile e maldestro. Uno sfigato, fondamentalmente, di quelli che ci piacciono tanto. Soffocato da una realtà caotica che non può dominare, si abbandona a scoppiettanti visioni che allietano la sua mente, ma non cambiano nulla nella sua vita insoddisfacente. Un malinconico sognatore che per sfuggire alla monotonia usa lo strumento della fantasia per rendersi l’affascinante protagonista di scene d’azione, scambi amorosi e discorsi brillanti.

Nessuno però subisce il suo fascino: i colleghi lo deridono, il suo profilo su un sito di incontri è deserto, la donna che lo attrae non si accorge di lui.

L’aria di cambiamento arriva dall’esterno: la rivista si appresta a stampare l’ultimo numero cartaceo con conseguente riduzione del personale, e il fotografo Sean O’Connell invia a Walter l’ultimo rullino per Life, che contiene la foto perfetta per l’ultima copertina, il negativo 25.

Proprio il negativo 25 manca all’appello, il licenziamento è tangibile e il richiamo all’avventura è inevitabile: Walter può finalmente rispolverare le sue ambizioni di ragazzino, abbandonate per necessità, e iniziare a vivere davvero le imprese immaginate, cercando Sean.

Un viaggio in terre esotiche che è scoperta di sé, delle proprie capacità che vanno oltre alla mera immaginazione. Una riconciliazione con un passato pieno di speranze infrante dai turni a servire nei fast food e sedici anni di appassionato lavoro mai abbastanza valorizzato. E così i sogni, le visioni, gli approcci virtuali lasciano spazio all’esperienza vissuta, l’unica in grado di conferire alla vita la giusta dose di piacere e gratificazione.

Molto più intricata della trama è la storia di questa pellicola, remake di Sogni proibiti del 1947, passata dal 1994 tra diverse major, da un regista all’altro, da un attore all’altro, senza trovare un serena realizzazione fino ad ora.

Infine é un Ben Stiller visibilmente maturato a dirigere, co-produrre e interpretare questa piacevolissima commedia, capace di regalare emozioni con meravigliose inquadrature panoramiche in Groenlandia, Islanda e Afghanistan, accompagnate da una colonna sonora vivace e toccante. Il tutto fa da sfondo al protagonista indiscusso, che esprime piuttosto bene la sua interiorità con la mimica facciale e i movimenti, attraversando il disagio, la timidezza, la speranza e il coraggio, pur mantenendo la sua tipica vena comica.

Anche i personaggi che circondano le disavventure di Walter sono dotati di un certo spessore, come la controparte femminile Cheryl, non la solita belloccia da salvare ma una donna semplice, madre e lavoratrice con i piedi per terra, pronta a dare il giusto appoggio; e il misterioso fotografo Sean, che ha capito come godersi gli attimi fugaci ed è pronto ad insegnarlo. Più debole e stereotipato il “cattivo”, un capo senza scrupoli facilmente dimenticabile.

Fatta eccezione per il doppiaggio in italiano, che spesso rende i dialoghi poco fluidi e comprensibili, si ha l’impressione di un risultato abbastanza vincente, che lascia appagato lo spettatore senza troppe pretese e senza troppe rinunce.

I sogni segreti di Walter Mitty è un film che ci invita a continuare a sognare, ma anche a mettere in pratica i nostri sogni.

G.

Walter (Ben Stiller) e Sean (Sean Penn) in una scena del film

Walter (Ben Stiller) e Sean (Sean Penn) in una scena del film

I SOGNI SEGRETI DI WALTER MITTY

RegiaBen Stiller
Cast
Ben Stiller, Kristen Wiig, Adam Scott, Sean Penn, Shirley McLaine, Kathryn Hahn, Jonathan C. Daly
Produzione
USA 2013
Genere
Commedia/ Avventura/ Drammatico
Durata
114 min

La finzione naturale


Aggirandomi tra le foto di Robert Doisneau, esposte alla mostra “Paris en libertè” a Palazzo Ducale a Genova, non mi rendo conto del tempo che passa, catturato dall’atmosfera parigina e dai volti misteriosi ed eloquenti dei soggetti. Terminato il giro soddisfatto, sono pronto a raccattare lo zaino dall’armadietto e correre di fretta a lezione. Ma un dubbio mi assale e mi costringe a fermarmi: ma la foto del manifesto? I due che si baciano? Mica l’ho vista.

Non posso andarmene senza averla nemmeno guardata di stralcio, insomma è possibile che non ci sia? Per fugare ogni dubbio chiedo al primo custode che incrocio, che tra l’infastidito e il divertito mi guida verso la tanto agognata fotografia, posta in mezzo alla prima sala, su un pilastro che mi era sfuggito completamente.

Il Bacio dell’Hotel de Ville“, 1950Il Bacio dell'Hotel de Ville, 1950

La guardo, ormai l’ho vista così tante volte sui cartelloni, i manifesti, i volantini e gli autobus di Genova che ce l’ho stampata nel cervello in ogni piccolo dettaglio. Però eccolo lì: il numerino che indica la registrazione. Premo il numero sul registratore, premo play e la saccente vocina ormai familiare inizia a raccontarmi tutti i retroscena dello scatto. E in effetti aver insistito per vedere la famosa foto ripaga proprio grazie alla registrazione, la più curiosa e interessante di tutte.

A quanto pare Doisneau deve a quest’immagine la fetta più grande della sua fama ma anche i fastidi e i dispiaceri più gravi. Innanzitutto vengo a scoprire che lo scatto non fu spontaneo, ma i due giovani, tali Françoise Bornet e Jacques Carteaud, erano stati pregati dal fotografo di posare per lui, che stava realizzando un servizio per la rivista americana Life. Soltanto negli anni ’80 la foto divenne una vera e propria icona, in quanto apriva l’album Tre secondi d’eternità, finendo su cartoline, calendari, poster. L’identità dei soggetti, però, rimase segreta dal 1950 fino al 1993, anno in cui due coniugi, Denise e Jean-Louis Lavergne, dichiararono in televisione di essere i protagonisti della fotografia, ritratti senza il loro permesso. La falsa accusa costrinse Doisneau a rivelare la natura dello scatto per difendersi e dimostrare di aver avuto il permesso. Françoise Bornet infatti si presentò da lui con la stampa autografata inviatale, portando alla luce la verità. I problemi non finirono per il nostro Robert, che fu accusato dalla stessa Bornet di sfruttamento abusivo della sua immagine. Anche quest’istanza fu respinta, poiché il volto della donna non era riconoscibile nella foto.

Certo, Il Bacio è una foto su richiesta di una rivista, con due protagonisti prestabiliti, ma riesce comunque a trasmettere un’estrema naturalezza. Dopotutto i due giovani erano davvero innamorati, e questo traspare, e altrettanto naturale è l’atmosfera, la folla in movimento, la città. La costruzione e la realtà si mescolano appannando i loro confini: Doisneau riesce a scavare e ricreare dal mondo che ha di fronte all’obiettivo il mondo ideale che immagina e desidera, come possiamo intendere dalle sue stesse parole:

Quello che io cercavo di mostrare era un mondo dove mi sarei sentito bene, dove le persone sarebbero state gentili, dove avrei trovato la tenerezza che speravo di ricevere. Le mie foto erano come una prova che questo mondo può esistere.

Autoportrait au rolleiflex, 1947

Oltre alla tormentata foto sono raccolte nell’esposizione più di 200 fotografie originali scattate da Doisneau nel periodo dal 1934 al 1991 nella sua amata Parigi: il percorso antologico presentato al Ducale è come una passeggiata tra i giardini e le strade della città, un viaggio tra i volti della variegata popolazione parigina, colta nei gesti e nelle abitudini di tutti i giorni. La mostra è iniziata il 29 settembre e per godervela avete tempo fino al 26 gennaio 2014.

G.