Il calore stretto di un sole sulla mia schiena


“C’era un cafè, sulla quindicesima, dove andavo spesso.

Il decaffeinato non era particolarmente buono, i biscotti non erano particolarmente degni di nota, non ho ricordi precisi degli avventori, né delle persone che ci lavoravano.

Ma allora perché ci tornavo?

Credo che fosse perché esattamente dall’altra parte della strada c’era un vicolo, un vicolo stretto tra due palazzi.

Un vicolo in cui il sole d’inverno riusciva, scendendo, a infilarsi in maniera estremamente prepotente, e a raggiungere la mia schiena.

Credo che fosse solo per questo.

Per il calore stretto di un sole sulla mia schiena.

La mia prima lettura del 2017 è Il suono del mondo a memoria, graphic novel di Giacomo Bevilacqua che ritrae la singolare sfida di un fotografo tra i grattacieli di New York e le note di una vecchia canzone jazz.

Piacevole e accattivante lo stile di disegno, in particolare nella rappresentazione del paesaggio urbano; molto efficaci i colori, che richiamano le sfumature del tramonto e le sensazioni della malinconia.

La storia è semplice, minimale, ma valorizzata da un vario e potente montaggio delle tavole e dalla bellezza dei monologhi delle due voci narranti, ricchi di poesia e suggestione.

Molto consigliato agli introspettivi e ai romantici, a chi ama la solitudine ma aspira segretamente alla condivisione.

G.

‘Il sentiero dei nidi di ragno’ – Una piacevole (ri)scoperta


Tutti abbiamo una ferita segreta per riscattare la quale combattiamo.

Per anni ho avuto questo piccolo libro a casa, davanti agli occhi, senza mai sentire la curiosità di aprirlo, forse sottovalutandolo. Oggi mi ritrovo a scoprirlo e ad apprezzarlo moltissimo. Presentando la Resistenza attraverso lo sguardo distorto di un monellaccio, Calvino ci ha regalato una visione quanto mai autentica ed efficace di un Italia ferita e confusa, di un periodo cruciale che non possiamo e non dobbiamo ignorare.
G.

Genova Photo Marathon: a caccia di scatti tra le vie della Superba


Domenica si è svolta la prima Photo Marathon di Genova.

Non avete idea di cosa sia la Photo Marathon? Ve le spiego in qualche riga.

L’evento viene organizzato da Italia Photo Marathon, un’associazione culturale con sede a Torino che promuove la passione per la fotografia come strumento di valorizzazione dell’ambiente, del territorio e del patrimonio culturale del nostro Paese. L’evento Photo Marathon consiste nel partecipare – con quota di 15 euro – a una gara di foto scattate durante la giornata nella città di riferimento, seguendo 9 temi proposti dai diversi sponsor, che vengono comunicati ai “maratoneti” durante 3 tappe: alle ore 10.00, 13.00 e 16.00. Si ha tempo fino a fine giornata per scattare, e per tutto il giorno seguente è possibile caricare le foto prescelte sul sito dell’evento, dove ogni partecipante ha un profilo provato creato durante l’iscrizione online. Una giuria è preposta alla valutazione delle foto partecipanti e oltre ad assegnare un premio assoluto al fotografo col punteggio complessivo più alto, deve premiare due foto per ogni tema: una per la categoria “normale” e una per la categoria “Instagram” (in questo caso la foto deve essere caricata sia sul sito di IPM, sia sull’applicazione), soluzione pensata per gli amanti dei social. In programma anche una mostra con le foto più belle.

Ma torniamo a noi (a me): senza farmi abbattere dalla sveglia mattutina e dalla pioggia incessante, ho preso il treno e sono arrivato bagnato e sonnecchiante in città. Mi aspettavo di trovare solo qualche indomito appassionato di fronte agli stand dell’evento in piazza De Ferrari, ma sono stato accolto da una lunga fila di genovesi – e non – muniti di ombrelli, mantelle e di imponenti apparecchi fotografici.

E io con un ombrelletto scassato, giacca leggera e jeans impregnati d’acqua.

E non dimentichiamo il mio smartphone a rischio esaurimento batteria in tempo record, strumento prescelto per partecipare alla gara. Perché oltre a non avere una macchina fotografica come si deve, non sono riuscito a caricare neanche una delle mie compatte, disperse in un cassetto e abbandonate da tempo.

Insomma le mie possibilità di uscirne con dignità si sono annullate immediatamente. La mia consolazione? Partecipare alla categoria Instagram, sperando in una concorrenza più “amatoriale”.

Dopo una fila relativamente rapida e la consegna di una sacca con maglietta, una strana borraccia e alcuni flyers, sono stati annunciati i 3 temi della prima manche: CITY LIFE, EMOZIONI MARINE e DALL’ALTO IN BASSO.

Il terzo tema mi suggerisce subito di spingermi verso le alture della città, così da piazza De Ferrari raggiungo piazza Corvetto, dove – nel sottopasso – trovo ispirazione per il tema City Life, quando un signore (che mi ha guardato malissimo) con ombrello passa tra i muri ravvivati dai disegni degli studenti del liceo artistico Klee-Barabino. Purtroppo la qualità della foto è pessima, è il maledetto formato quadrato di IG mi ha costretto a munirla di strisce orizzontali. Eccola in tutto il suo splendore(?!):

CITY LIFE

CITY LIFE

Da piazza Corvetto mi sposto in su verso piazza Manin, prendo l’ascensore – il primo che trovo, senza sapere bene dove mi porterà – e arrivo in uno spiazzo da cui si può scorgere la città dall’alto. Cammino senza una meta preciso e mi ritrovo su una tipica scalinata rossa in pendenza tra case colorate. E – taaac! – compare una vecchina intenta a farsi le scale lentamente, e dico mooolto lentamente. Il mio radar da fotografo-improvvisato-stalker si attiva subito e catturo l’immagine. Ed un altro tema è andato.

(Nota per il lettore: in quanto studente pendolare e distratto mi sento giustificato ad avere un senso dell’orientamento pari a zero quando si tratta di girare per Genova).

DALL'ALTO IN BASSO

DALL’ALTO IN BASSO

Avendo uno scatto per il tema “Dall’alto in basso” e non essendo in grado di raggiungere né Righi né Spianata Castelletto per una foto panoramica, mi appresto a tornare in centro per far vidimare la tabella di marcia e scoprire i nuovi tre temi: SGUARDI INEDITI, MEZZOGIORNO GENOVESE e ACQUA DOLCE.

Dovendo trovare ancora una foto per “Emozioni marine” ho puntato il Porto Antico, luogo più vicino e prevedibile per trovare qualche idea. E infatti tre idee sono saltate fuori.

Pensando a “Sguardi inediti”, mi sono soffermato sulla lunga fila di persone in attesa per entrare all’Acquario, ed in particolare sui loro piedi (non sono un feticista, giuro!). Nascondendomi dietro la mappa del porto (fotografare persone in modo plateale è imbarazzante per me), ho scattato di fretta ai piedi più vicini, ed ecco il risultato:

SGUARDI INEDITI

SGUARDI INEDITI

Meta seguente: la mia amata Isola delle Chiatte, sicuramente uno dei miei posti preferiti della Superba per la sua intimità e la vicinanza al mare. Prima ancora di arrivare mi soffermo sulle pozzanghere dove si riflettono i lampioni della banchina. Trovo spettacolare l’effetto di duplicità che si crea con le pozze d’acqua. E anche il tema “Acqua dolce” è andato:

ACQUA DOLCE

ACQUA DOLCE

Arrivato all’Isola delle chiatte ho ritrovato gli stessi due soggetti della foto precedente: un nonno con la nipotina armata di ombrello giallo, a cui mi sono subito affezionato (“Senti come si lamentano le barche” “E’ vero nonno!”). Inutile dire che la foto per “Emozioni marine” è uscita fuori:

EMOZIONI MARINE

EMOZIONI MARINE

Per il “Mezzogiorno genovese” penso subito a via di Sottoripa, dove si respira un’atmosfera popolare e dinamica e il cibo spunta da tutte le parti. Attratto dalla vetrina di un ristorante piena di pesce fresco mi apposto e aspetto che il cameriere si metta all’opera, e voilà:

MEZZOGIORNO GENOVESE

MEZZOGIORNO GENOVESE

Dopo svariate pause dovute alla fatica (non si corre ma si ha comunque la sensazione di una maratona), sono tornato al Check Point in piazza Deffe per l’annuncio degli ultimi tre temi, anch’essi annunciati al megafono: BLUE JEANS, ANTICHI SAPERI e CREUZA DE MA.

Gli “Antichi saperi” mi spingono quasi involontariamente in via Balbi, cuore della mia vita universitaria (ahimè pure di domenica questa volta). I palazzi sono tutti chiusi, da fuori è impossibile prenderli e la Biblioteca di Giurisprudenza presenta un’antiestetica impalcatura sulla porta. Soluzione? Fotografo l’insegna della via, semplicemente. Mi piace il contrasto che si crea tra la targa e il muriciattolo giallo, scrostato e impestato di locandine che testimoniano la presenza di studenti:

ANTICHI SAPERI

ANTICHI SAPERI

Senza spostarmi da via Balbi ho trovato uno spunto per il tema “Blue Jeans”. Ovvero sono stato fermo in attesa di passanti coi jeans da poter immortalare, e questo col cane a spasso è finito nel mirino:

BLUE JEANS

BLUE JEANS

Per “Creuza de ma” ho fatto un po’ di foto in giro, nei vari vicoli pendenti che ho trovato, ma alla fine ne ho trovata una ripescando tra quelle scattate in collina al mattino (dalle parti della vecchia sugli scalini, per intenderci), ed ecco cosa ne è uscito fuori:

CREUZA DE MA

CREUZA DE MA

Anche qua purtroppo qualità pessima, ma lo scorcio meritava. Ad avere una macchina vera e un po’ di sole…

E così ho completato tutti i 9 temi della marathon, non ne è uscito fuori granché ma sono soddisfatto dell’esperienza. Sembrerò banale ma è stato un modo per guardare la città, e chi la abita, in modo del tutto differente. Più attento, curioso, paziente. Quindi, se capita nella vostra città, pensateci. Basta uno smartphone per partecipare, parola mia.

[QUI potete ammirare la gallery con tutti gli scatti partecipanti alla competizione.]

Buona vita e buone foto!

G.

Ti lascio la poesia


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Ti lascio la poesia. Ti lascio le stagioni, soprattutto la primavera e l’estate. Ti lascio il vento, il sole, ti lascio il mare, il mare che è buono ed anche la terra è buona, le montagne, i torrenti, i fiumi e le grandi nuvole che passano solenni e leggere. Tu le guarderai e forse ti ricorderai di questa nostra breve amicizia. E ti lascio gli alberi e i angeli abitanti. L’amore, le lacrime,la gioia, le stelle. Encolpio, ti lascio i suoni i canti, i rumori, la voce degli uomini e la musica più armoniosa. Ti lascio.

Fellini Satyricon di Federico Fellini, 1969

Indubbiamente erano anni felici


Anni-felici-il-nuovo-film-di-Daniele-Luchetti-Il-trailer_h_partb (1)Davvero sui generis la famiglia romana del 1974 ritratta da Luchetti nel suo ultimo lavoro Anni felici, uscito nel 2013, dallo scarso rendimento al box office. Kim Rossi Stuart dà il volto all’uomo di casa, Guido, un aspirante artista d’avanguardia alla ricerca del successo, amante della libertà e delle scappatelle, facile bersaglio degli attacchi della critica e soprattutto della madre. La bella Micaela Ramazzotti invece è mamma Serena, una moglie premurosa e devota, ma mai all’altezza intellettuale del creativo Guido, che le sfugge continuamente. La coppia, appassionata ma poco funzionale, è tenuta insieme dai due piccoli di casa: Paolo e Dario, narratore della storia, attraverso il suo sguardo di bambino, spesso filtrato da una cinepresa. Evidente l’operazione autobiografica del regista, che rappresentandosi sotto le vesti del giovane Dario descrive la propria famiglia in base ai ricordi e alle sensazioni, tenendo presente il contesto storico-sociale degli anni ‘70, che influenza irrimediabilmente le azioni e i pensieri dei protagonisti.

Struggente il rapporto di Guido e Serena che si cercano, si attraggono come calamite, ma non riescono ad amarsi completamente, finché lui diventa sempre più irrequieto, lei cerca l’emancipazione: le distanze non possono che aumentare, di fronte allo sguardo sofferente dei figli, confusi dai continui alti e bassi che scuotono il rapporto dei genitori. Guido non molla l’impresa di dimostrare la sua originale vena artistica, Serena riscopre sé stessa, il femminismo, e un tipo di amore completamente diverso, che la porterà a rimescolare le carte della sua relazione e della sua vita.

I vari allontanamenti però non riescono mai a disintegrare del tutto l’amore, l’intesa, il continuo cercarsi e lasciano spazio alla serenità, al piacere del singolo momento.

“Anni felici” è un film davvero piacevole, che colpisce, oltre per l’ottima interpretazione di Rossi Stuart e Ramazzotti, per il realismo, le grettezze, le mancanze che compongono il ritratto familiare, nelle quali si può comunque ritrovare la bellezza della vita. Come suggerisce il narratore:

“Indubbiamente erano anni felici. Peccato che nessuno di noi se ne fosse accorto”.

Ed è proprio così. Ci aspettiamo che sia sempre tutto perfetto, non ci accorgiamo di quanto si possa essere felici anche in una quotidianità instabile e carente. Come Guido, Serena, Dario e Paolo, che sanno amarsi, divertirsi, prendersi in giro e confrontarsi per crescere, liberi dagli schemi della società.

G.

locandinaANNI FELICI

RegiaDaniele Luchetti
Cast
Kim Rossi Stuart, Micaela Ramazzotti, Martina Gedeck, Samuel Garofalo, Niccolò Calvagna, Benedetta Buccellato, Pia Engleberth
Produzione:
Francia, Italia 2013
Genere
Drammatico
Durata
100 min

 

Il grande dei dimenticati


Vi dice qualcosa il nome Renato Castellani? A me nulla, fino a poco tempo fa. Eppure è stato un grande regista e sceneggiatore del nostro cinema, del cinema italiano dei tempi d’oro. Un regista premiato, apprezzato in parte dalla critica, ma poco noto al grande pubblico, che ho potuto approfondire grazie a una conferenza presso la mia facoltà. Mi intristisce pensare che un artista venga dimenticato, e mi sembra giusto allora ricordarlo.

Castellani nasce a Varigotti (Savona) precisamente un secolo fa, nel 1913. Dopo l’infanzia in Argentina torna per studiare a Genova, e laurearsi poi a Milano come architetto, ruolo che manterrà anche nelle vesti di regista, costruendo i suoi film con estrema perizia. Muove i primi passi nel mondo del cinema in un ambiente classico, al fianco di grandi autori come Camerini, Soldati, Blasetti e Moravia. Risale al 1941 la sua prima regia: Un colpo di pistola, film calligrafico come il successivo Zazà (1944).

Ma la fase per cui viene apprezzato è quella tra il 1948 e 1952, anni in cui si avvicina al cinema del Neorealismo e getta le basi del cosiddetto sottogenere del Neorealismo rosa. Siamo nel secondo dopoguerra, un periodo segnato nel profondo dal dolore del recente massacro, ravvivato da continui dibattiti in campo etico ed estetico. E proprio il cinema diventa punto di riferimento per la presa di coscienza, è il mezzo che riguarda davvero le masse, sollecita la passione e aiuta gli spettatori a guardarsi intorno, a capire il mondo. È il cinema neorealista che per la prima volta mostra l’Italia agli Italiani.

Castellani contribuisce a questa tendenza con la sua trilogia: Sotto il sole di Roma (1948), È Primavera (1949), Due soldi di speranza (1952). La scelta dei personaggi ricade sui giovani proletari del tempo, vittime di una società classista, e per rappresentarli egli ricerca, indaga nella realtà, tra le strade. Figure prive di morale, che ignorano il bene e il male ma presentano un’apprezzabile vitalità mentre lottano per l’esistenza; giovani che non possono fare affidamento sui genitori, figure brutalmente ostili, ma ritrovano conforto nell’abbraccio della comunità.

L’opera di Castellani non è intrisa di ideologia, tipica di molti autori del suo tempo, ma osserva il mondo con occhio nostalgico verso il passato, mantiene una visione classica: da buon architetto punta all’assetto strutturale, all’equilibrio narrativo e formale, al ritmo visivo, alla tecnica. Rifiuta una rappresentazione eccessivamente drammatica e melensa e mette in scena il senso gioioso della vita, inserisce piccole scene comiche, esalta la figura femminile, dipinge personaggi fortemente caratterizzati. Insomma traspare una simpatia verso gli esseri umani che anticipa la visione della commedia. Mancano però l’autobiografismo e la cattiveria, che lasciano spazio a un’ironia distaccata e al disinteresse per la Storia.

Dopo diversi film che si allontanano dal background neorealista, tra cui si ricorda I sogni nel cassetto (1957), nell’ultima fase Castellani si dedica allo sceneggiato televisivo girando Vita di Leonardo e Verdi (1982), produzioni di successo che dimostrano la sua apprezzabile capacità di diffondere cultura presso il grande pubblico.

Una figura curiosa e affascinante, un regista che si muove tra diverse istanze mantenendo le sue caratteristiche autoriali. Castellani infatti proviene dal cinema classico e impostato, abbraccia di traverso il Neorealismo nelle tematiche e anticipa espedienti della commedia all’italiana; il suo cinema sintetizza i passaggi e le dinamiche da un genere all’altro, permette di immergersi nel clima vivace del suo tempo e di riflettere su tematiche ancora oggi scottanti.

G.